Figli sottratti, ‘bimbi italiani rapiti e dimenticati, sono mille l’anno’

Intervista a presidente associazione, ‘da anni attendiamo legge e procura nazionale specializzata’

Milano. “Secondo i dati ufficiali dei ministeri degli Esteri e della Giustizia ogni anno si registrano 300-400 casi di bambini che vengono portati via dall’Italia, un numero piuttosto stabile ma non completo: per noi i bambini rapiti sono circa un migliaio, perchè non tutti si rivolgono ai ministeri e perchè la Convenzione dell’Aja è stata firmata da circa 90 paesi su 180 totali degli stati al mondo, quindi i dati ufficiali raccolgono una parte rilevante del problema ma non tutto”. A parlare all’Adnkronos è Paolo Pozza, presidente dell’associazione ‘Figli sottratti’ nata nel 2004.

Si tratta di un reato “tipicamente femminile, commesso per il 90% dalla madre. Il 10% dei casi che riguardano il padre è quasi completamente rappresentato da uomini di religione islamica”, spiega l’uomo che da vent’anni non vede le due figlie portate in Polonia. Il caso Eitan riporta alla ribalta un tema “di nessun interesse per la politica” con questioni pratiche sul fronte delle fattispecie di reato. “Ai bambini italiani il sequestro di persona non viene mai riconosciuto – come invece chiediamo da anni con una legge (sull’articolo 605 bis codice penale) che non arriva mai ad approvazione e dal 2005 è ferma in commissione Giustizia -, viene invece riconosciuto il reato di sottrazione di minore che comportando una pena massima di 4 anni non permettere di attivare le intercettazioni. Viene considerato un reato non grave, reato spesso neppure riconosciuto all’estero”.

Per il presidente dell’associazione ‘Figli sottratti’, che pochi giorni fa ha chiesto senza successo un incontro con il ministro della Giustizia Marta Cartabia, “serve una procura nazionale che si occupi della sottrazione di minori utilizzando schemi validi come il ‘modello Vicenza’, procura che in passato è riuscita a risolvere anche il 90% dei casi, a fronte di una media nazionale del 5% di bambini riportati in Italia”. Oltre a Eitan ci sono storie che non raggiungono la ribalta mediatica, ma che pongono un problema di sicurezza. “Da anni ci battiamo perchè quando un bambino si presenta in un luogo in cui puo lasciare l’Italia venga sempre digitato il suo nome, penso al check-in di un aeroporto, e si attivi un ‘alert’ nel caso di contesa. Non ci sarebbe un problema di privacy e ad occuparsene sarebbero le forze dell’ordine presenti. Sarebbe una cosa minima che potrebbe risparmiare tanto dolore”, conclude Paolo Pozza.